Finasteride e Alopecia androgenetica

Finasteride e Alopecia androgenetica

01/11/2019 Off Di andrea

Scheda

La finasteride è un medicinale antiandrogeno con struttura azosteroidea, il quale tende ad agire quale inibitore di quello che è l’enzima 5-alfa reduttasi di tipo II.

In un primo momento, la finasteride venne utilizzata solamente per trattare l’ipertrofia prostatica benigna ed anche il cancro alla prostata.

Solamente in un momento successivo, una volta che si venne a prendere atto delle risultanze relativamente all’inibizione dell’enzima 5-alfa reduttasi – con il venir meno della conversione del testosterone in diidrotestosterone (diidrotestosterone ritenuto responsabile per la caduta dei capelli in caso di alopecia androgenetica), si pensò di ricorrere alla finasteride pure per trattare l’alopecia androgenetica.

Quando venne scoperta e successivo sviluppo

Tutto ebbe inizio negli Anni ’70, esattamente nel 1974, allorquando Julianne Imperato-McGinley, una ricercatrice del Cornell Medical College di New York illustrò le ricerche che aveva svolto al cospetto dei presenti di una convention sui difetti della nascita; le sue ricerche erano state effettuate su un target di bimbi ermafroditi dei Caraibi. Tali bambini, che al momento di venire al mondo risultavano avere una sessualità non ben definita, in un primo momento vennero cresciuti come femminucce, in considerazione delle piccole dimensioni degli organi maschili.

Con il trascorrere degli anni, con la pubertà, questi adolescenti presentarono organi maschili ben sviluppati così come caratteristiche androgene proprie del periodo post-puberale. Si approfondirono gli studi in materia e si giunse a certificare che ognuno dei bambini in questione aveva in comune una mutazione genetica; mutazione che provocava una ridotta presenza dell’enzima 5-alfa reduttasi e anche dell’ormone maschile diidrotestosterone; questa carenza era alla base dello sviluppo sessuale anomalo.

Dopo la pubertà, quando si ebbe la maturazione sessuale, si fece caso che ogni individuo aveva una prostata di ridotte dimensioni rispetto alla norma.

Fu nel 1975 che a Merck P. Roy Vangelos, all’epoca ricercatore capo della casa farmaceutica, vennero fatti presenti gli esiti dello studio condotto dalla ricercatrice Imperato-McGinley. Esaminando i dati, rimase colpito per il fatto che a causa della carenza dell’ormone diidrotestosterone si avesse una prostata sottosviluppata; decise, pertanto, di avviare una procedura per arrivare a sintetizzare un inibitore dell’enzima 5-alfa reduttasi che fosse capace di poter ricreare quella condizione propria di quei bambini ermafroditi che erano stati oggetto di studio, ossia il ridurre le dimensioni della prostata. Tutto ciò per poter indirizzare l’uso del farmaco nel trattamento delle persone in là con gli anni affette dall’iperplasia prostatica benigna.

Nel 1992, dopo lunghi anni di ricerca, la casa farmaceutica Merck ottenne l’approvazione da parte della FDA, ossia della Food and Drug Administration per poter mettere in vendita la finasteride, indicata per trattare l‘ipertrofia prostatica benigna in pasticche da 5 mg, con il nome registrato Proscar®. Nel nostro Paese, la vendita del Proscar è autorizzata dal 1997.

Il brevetto del Proscar della casa farmaceutica Merck è scaduto nel 2006; a partire da quell’anno la finasteride viene venduta anche quale farmaco generico con i nomi: Finasteride, Finastid, Finestar®, Asterid®, Genaprost®, Prostide®, e così via.

Si è provato che necessita di un trattamento di oltre 6 mesi per poter apprezzare i benefici propri del farmaco per l’iperplasia prostatica benigna; se l’assunzione della finasteride venisse interrotta o avvenisse in maniera discontinua, potrebbero regredire gli effetti positivi che si hanno con il trattamento.

L’uso della finasteride in caso di alopecia androgenetica

Si è tentato di trovare un impiego della finasteride pure per trattare la perdita dei capelli; questo tenendo conto degli studi sul suo effetto inibitorio sull’enzima 5-alfa reduttasi e considerando anche altri studi che avevano dimostrato come l’ormone diidrotestosterone fosse avesse una responsabilità nella perdita dei capelli in quella che è l’alopecia androgenetica.

Così, nel 1997, la casa Merck ottenne l’approvazione da parte della FDA per vendere la finasteride negli USA in compresse da 1 mg, per poter trattare l’alopecia androgenetica; prodotto registrato come Propecia®.

In Italia, è dal 1999 che è iniziata la vendita del Propecia.

Il Propecia fino al 2013 è rimasto protetto dal brevetto; successivamente è stato possibile vendere lo stesso anche come farmaco generico.

Efficacia della finasteride

Si volle provare quale fosse l’efficacia della finasteride nel contrasto della caduta dei capelli associata all’alopecia androgenetica; per tale motivo venne messo in atto uno studio quinquennale su pazienti che presentavano una certa perdita dei capelli, tuttavia comunque non eccessiva. Quando lo studio ebbe termine, fu confermato che in due pazienti su tre non si era contrastata solo con successo la perdita di capelli, bensì si era constatata addirittura la crescita di nuovi capelli.

Con il medesimo studio, venne confermato, mediante fotografie e un team di dermatologi indipendenti, che nel corso del trattamento con 1mg di finasteride al dì, nel 42 per cento dei soggetti si era arrestata la perdita dei capelli mentre nel rimanente 48 per cento del campione non solamente la caduta si era arrestata, ma al tempo stesso si era avuta pure una considerevole ricrescita dei capelli.

Basandosi su degli studi clinici, si è confermato che la finasteride funziona, nel trattamento dell’alopecia androgenetica, solamente se somministrata per un lungo lasso di tempo; nel caso il trattamento si interrompesse, la caduta riprende nell’arco di 6 mesi.

Ecco qual è il suo meccanismo

Nei maschi il testosterone viene ad essere prodotto dai testicoli e dalle ghiandole surrenali in minima parte.

La parte maggiore del testosterone che si trova nel corpo è legato ad una glicopreteina che viene prodotta dal fegato, la quale trasporta l’ormone nel sangue e prolunga la propria emivita, facendo sì da impedire il metabolismo nel corso del trasporto ematico; questa glicoproteina è detta SHBG ossia globulina legante l’ormone sessuale.

Una volta che viene liberata dalla globulina che lega l’ormone sessuale, ossia il testosterone, può diffondersi nell’ambiente circostante. Tuttavia in taluni tessuti, quali la pelle, la prostata e il cuoio capelluto, il testosterone viene ad essere convertito dall’enzima 5 -alfa reduttasi di tipo II in diidrotestosterone.

Il diidrotestosterone è, tuttavia, un androgeno ben più potente rispetto al testosterone ed ha una affinità maggiore per il recettore androgeno, pertanto si può arrivare a ipotizzare che l’enzima 5-alfa reduttasi di tipo II ha la peculiarità di essere un booster dell’effetto androgeno del testosterone in quei tessuti di cui si è detto sopra.

Pertanto la finasteride viene ad agire quale inibitore competitivo (va a competere con il testosterone, prendendone il posto) dell’enzima 5-alfa reduttasi di tipo II; ciò diventa possibile per via della sua struttura che risulta molto simile a quella propria del testosterone, il che le dà modo di legarsi al medesimo punto d’azione nell’enzima; però, non essendo identica al testosterone, la finasteride resta attaccata all’enzima approfittando delle sue proprietà farmacologiche, rendendo in tal maniera possibile bloccare l’enzima 5-alfa riduttasi di tipo II.

La riduzione conseguente nel cuoio capelluto del diidrotestosterone consente di porre un argine alla perdita di capelli, mentre il calo del diidrotestosterone nella prostata fa sì che sia possibile ridurre il volume della stessa prostata, con un miglioramento del quadro clinico che va di pari passo con l’ipertrofia prostatica benigna.